Qual è il ruolo di un progettista d’interni? Spesso mi sono interrogato sulla questione. A mio avviso il compito è molto chiaro: far vivere nel migliore dei modi chi “abiterà” quello spazio, che sia una casa privata, un ufficio o un luogo pubblico.
Qualche anno fa, credo fosse il mio primo lavoro a Milano in uno studio di design, tornando a casa dopo una dura giornata da neolaureato in stage sottopagato, mi siedo in metro vicino a due persone, amici di vecchia data intuisco, e inevitabilmente mi trovo ad ascoltare le loro conversazioni.
Il primo si lamentava dell’architetto di un’amica comune che le aveva “piantato” un camino sospeso proprio nel centro di un piccolo soggiorno impedendo il normale utilizzo di quello spazio. Quando l’amica sentì la necessità di realizzare un mobile su misura per la scomoda zona giorno, non chiamò più l’architetto e neanche i suoi “simili” ma, testuali parole, “il buon vecchio falegname di famiglia” che le ha realizzato il prodotto perfetto.
Qualche anno dopo lavoravo un negozio di arredamento in centro Milano. Un giorno entrò una ricca signora la cui abitazione era stata progettata da uno dei più importanti studi milanesi. Una casa bellissima, in una zona centrale, arredata con mobili costosissimi delle più importanti aziende delle Brianza (società di cui il titolare dello studio era art director). Una casa da rivista, in cui ogni dettaglio era stato disegnato minuziosamente, con toni caldi beige, marroni e marmi scuri. Dove stava il problema allora? La signora non era affatto contenta perché non sentiva quello spazio “suo”, lei amava il colore.
Questi due episodi mi hanno fatto riflettere e di conseguenza insegnato molto.
Spesso mi capita di entrare in locali o ristoranti alla moda curati in ogni dettaglio in cui nessuno ha pensato all’acustica e di conseguenza fai fatica a sostenere una conversazione con chi ti accompagna. Appagano la vista e spesso il palato ma creano un discomfort significativo che non fa stare bene i clienti.
Nello sviluppo dei nuovi uffici commerciali del Gruppo Meregalli abbiamo utilizzato un approccio differente. Il concept di questo progetto è nato dal confronto con il committente ma in particolare con ogni dipendente che in quello spazio avrebbe dovuto passare buona parte della sua vita.
Il risultato è quello di avere impiegati e dirigenti felici di vivere in un luogo che probabilmente non rappresenta il loro gusto personale ma avendo preso parte al progetto, essendo stati ascoltati lo sentono sicuramente più loro.
Nulla di nuovo intendiamoci.
Ricordo quando il professor Jorrit Tornquist (uno dei più grandi progettisti e ricercatori del colore) durante un master raccontava di come, quando raramente accettava progetti di abitazioni private, per definire le tinte degli ambienti prima si preoccupava di sottoporre ai clienti il test di Luscher, un esame del colore che lo aiutava a capire quali tonalità non avrebbe assolutamente dovuto usare per evitare turbare la vita dei proprietari.
Il nostro ruolo è stato quello accogliere tutte le richieste, filtrarle e tramutarle in un progetto quanto più sensibile alle esigenze di tutti, vestito con il nostro gusto e la nostra identità. Uno spazio in cui luce, acustica, design tentano di dialogare nel migliore dei modi per donare benessere.
Come nella vita di tutti i giorni forse il ruolo dei progettisti dovrebbe essere quello di ascoltare prima di parlare con il linguaggio che conoscono meglio: quello della progettazione.